venerdì 11 marzo 2011

Che cos'e' la Casa delle Mamme e dei Bambini?


LA STRUTTURA

TIPOLOGIA:
Comunità di accoglienza per gestanti, madri e bambini

DESCRIZIONE
La Struttura secondo quanto previsto dal Regolamento di attuazione della Legge Regionale 11/2007:
- è ubicata in un luogo abitato (al centro del Comune di Camerota), è facilmente raggiungibile con l'uso di mezzi pubblici ed è direttamente accessibile per i normali mezzi di trasporto di persone e cose;
- è dotata di spazi destinati ad attività collettive e di socializzazione distinti dagli spazi destinati alle camere da letto, organizzati in modo tale da garantire l’autonomia individuale, la fruibilità e la riservatezza;
- è dotata di due spazi per le funzioni amministrative;
- è fornita di energia elettrica, acqua calda, riscaldamento, telefono e postazione computer con collegamento internet a disposizione degli utenti;
- è dotata di piattaforma elevatrice per il superamento delle barriere architettoniche.

La struttura inoltre è composta da:
- cucina e locale per il soggiorno/pranzo (mq 41.04)
- 3 servizi igienici di cui uno per disabili
- 2 camere da letto doppie (con superficie di mq 15.58 e 14.27)
- 2 camere da letto singole (con superficie di mq 13.35 e 11.38 )

La struttura ha una capacità di accoglienza di sei nuclei madre-bambino, tutte le camere consentono ad ogni donna di poter dormire con il proprio bambino.

L’UTENZA

All’interno delle problematiche inerenti al mondo femminile e/o familiare e in merito al tema delle nuove povertà, sta sempre più emergendo la necessità di reperire luoghi atti a dare accoglienza a donne, ragazze, mamme con bambini nei momenti di maggiore crisi, o di rottura, dei rapporti familiari o di coppia. La mancanza di risposte tempestive ed adeguate di fronte all’insorgenza del disagio genera il rapido deterioramento dei rapporti, tanto da produrre situazioni sempre più difficili e con sempre più scarse probabilità di soluzione. È il caso di famiglie nelle quali i rapporti affettivi, sociali e comportamentali non permettono relazioni piane e costruttive ma che, invece, possono sfociare in violenze, sia sui minori che sul partner. Il conseguente allontanamento della madre e del minore necessita di un’immediata accoglienza in un luogo protetto e in grado di dare una prima risposta al problema.
Le esperienze di accoglienza della Caritas e della Parrocchia di Camerota hanno evidenziato bisogni specifici in relazione alle tipologie di utenza: donne straniere con figli piccoli, giovani madri prive di reti sociali, madri sole, gestanti.
La Casa delle Mamme e dei Bambini risulta sul territorio l’unica struttura di tipo residenziale in grado di accogliere nuclei madre-bambino e gestanti e di svolgere un lavoro riabilitativo e di integrazione, oltre che di tipo assistenzialistico.
Nell’Ambito di riferimento del Pdz S7 risultano assenti strutture residenziali di questo tipo, mentre i bisogni espressi fanno riferimento ai seguenti dati (Sistema informativo Unitario, PdZ S7, 2008) in temi di famiglie e minori:
- il 15,8% delle richieste si riferisce a bisogni relativi alle responsabilità familiari;
- il 13,3% delle richieste si riferisce a problematiche relative ai Minori.

GLI OBIETTIVI

La finalità generale si individua nell’accoglienza in regime residenziale di 6 nuclei madre-bambino o gestanti in condizioni di disagio psico-socio-sanitario, segnalati dai servizi sociali territoriali.
Obiettivi dell’intervento comunitario diventano la tutela della gestante, della madre e del minore che vivono in una condizione di disagio psico-socio-sanitario. La tutela si pone come occasione per favorire un processo di responsabilizzazione e crescita individuale e in relazione al minore.
Per raggiungere tale obiettivo sarà indispensabile attivare una strategia di rete tra tutti i servizi preposti all’assistenza e alla tutela della madre e del bambino.
Una comunità residenziale che accoglie gestanti e nuclei in difficoltà può rappresentare all’interno della rete dei servizi l’elemento focale di un intervento che funga da collante tra le varie istituzioni formali ed informali collegate alla genitorialità e alla tutela dei minori.
Il progetto può contribuire dunque agli interventi destinati alla tutela della genitorialità e dei minori nei seguenti modi:
• Completando la costruzione di un sistema integrato di interventi;
• Prevedendo, nel corso della gestione dei casi, azioni di assistenza psico-socio-sanitaria;
• Definendo progetti specifici e di lungo respiro finalizzati al recupero e alla ridefinizione del sé, mantenendo intatta la diade madre-bambino;
• Costruendo occasioni di inserimento socio-lavorativo.

Al fine di raggiungere l’obiettivo generale, saranno fornite alla donna quegli strumenti e quelle opportunità atte a renderla capace di tutelare la propria salute, rafforzando il proprio percorso di autonomizzazione, nonché lo sviluppo psico-fisico e sociale del bambino, attraverso:
• La presa in carico in termini sistemico-relazionali della diade madre-bambino per rafforzare un percorso evolutivo orientato alla “normalità”;
• L’offerta del supporto necessario per formare e rinforzare la rete familiare e sociale più complessiva in cui si colloca la diade;
• La trasmissione di competenze teorico-pratiche e un sostegno psicologico alla madre in merito all’allevamento e alla cura del figlio.

LE METODOLOGIE UTILIZZATE

IL PROGRAMMA TERAPEUTICO NELL’INTERVENTO RESIDENZIALE

I programmi della comunità costituiranno un momento intermedio e transitorio all’interno di una progettualità più ampia e dovranno facilitare e sostenere la maternità fornendo stimoli e strumenti per produrre un cambiamento della situazione di disagio. L’intervento comunitario può racchiudere in sé le seguenti funzioni:

• Contenimento dello stato di disagio;
• Tutela della salute psico-fisica della gestante, della madre e del minore;;
• Individuazione (o re-individuazione personale);
• Esperienza affettivo-correttiva;
• Progettualità individualizzata e reinserimento socio-lavorativo.

Fin dal momento dell’accoglienza l’èquipe, in collaborazione, con i servizi territoriali di riferimento, formulerà un progetto individualizzato. Sarà sulla base del progetto che saranno definiti i tempi di permanenza della donna e del Minore nella struttura residenziale.

LE ATTIVITÀ NELLA COMUNITÀ RESIDENZIALE
Ad attività legate alla gestione quotidiana della struttura, si prevede di affiancare attività volte all’acquisizione e al miglioramento di capacità ed attitudini lavorative e personali, utilizzabili in fase di reinserimento.
Durante la vita comunitaria si prevedono diversi momenti di incontro.
Per quanto attiene alle attività psico-educative, sono previste: gruppi di confronto, corsi di preparazione alla nascita e di educazione al puerperio, baby massage, incontri monotematici, inserimento scolastico ed inserimento lavorativo, laboratori.
Per quanto attiene alle attività più propriamente terapeutiche sono previste: sostegno alla genitorialità e alla relazione madre bambino, colloqui di sostegno individuale.

CRITERI METODOLOGICI DELL’INTERVENTO
I criteri metodologici a cui sarà ispirato il lavoro comunitario si riferiscono ai seguenti paradigmi:

- Ricerca azione: il servizio si apre al territorio caratterizzandosi come osservatorio e intervento sulla tipologia della richiesta, partendo dal presupposto che una buona ricerca, finalizzata all’azione, è in grado – al di là del livello di astrazione raggiunto - di fornire un contributo importante nel decidere quali azioni e quali scelte operative debbano essere effettuate, con dei margini di accuratezza molto più ampi rispetto a quelli che si avrebbero ragionando in maniera a-contestualizzata.

- Lavoro di rete: la logica di rete permeerà la gestione complessiva dell’intervento. E’ attraverso la selezione intelligente delle risorse attivabili a livello municipale e centrale, che si può ottimizzare un lavoro che non necessita di altri servizi specifici e di altre professionalità, ma di una gestione coordinata dell’esistente. A tale proposito, saranno stabiliti dei protocolli specifici di intervento con ogni servizio deputato a seguire una parte o una fase del percorso delle donne in gravidanza e/o madri, raggiungendo così un duplice scopo: da una parte si esplicita e si razionalizza quanto è possibile fare in maniera complementare in termini di intervento; dall’altra si pongono le basi per la definizione di un modello specifico di intervento, dal punto di vista organizzativo, operativo e non ultimo istituzionale. L’integrazione avverrà ad un doppio livello. Su un piano di gestione delle politiche di welfare locale, attraverso la costruzione di una rete integrata di servizi che nel tempo acquisirà quella legittimazione e quell’abitudine necessarie ad intervenire in modo esaustivo. In termini di offerta intrinseca caratterizzante le attività del presente progetto, secondo un modello d’azione multidimensionale.

- Case Management: nella presa in carico delle persone il lavoro di rete si traduce in una modalità di gestione del caso che parte dall’incontro con le persone e che mira a potenziarne le risorse individuali e contestuali con l’obiettivo di costruire un progetto di intervento che renda la persona protagonista del suo percorso, nell’integrazione delle competenze e nell’ottimizzazione delle risorse.

- Approccio sistemico-relazionale: rispetto poi alla gestione della relazione psico-educativa, si farà riferimento al paradigma sistemico-relazionale, che prevede una gestione complessiva della relazione sia tenendo conto dell’interazione cognitiva, simbolica ed emotiva, tra operatore, donna e bambino, sia del contesto familiare, educativo e strutturale presente. Ciò permette di elaborare percorsi individualizzati di sostegno che tengono conto della complessità reale.

IL LAVORO D’ÈQUIPE
Strumento privilegiato di intervento è l’èquipe operativa nella struttura, caratterizzata da multidisciplinarità delle competenze e composta da:
a) un coordinatore del servizio, psicologo;
b) un sociologo;
c) un educatore professionale;
d) un operatore sociale;
e) un consulente legale;
f) volontari funzionali alla realizzazione delle attività.

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